Uno per tutti,
tutti per Uno!

La copertina dell'articolo di giurally dedicato alla Uno

Il 2023 ha visto il compleanno di Uno (la maiuscola sarà un refuso?) dei modelli più iconici della storia dell’automobilismo pop, orgoglio nazionale al pari delle supercar da poster in cameretta e delle ammiraglie della Prima Repubblica.

Ecco quindi l’ennesimo articolo sui quarant’anni della Uno? Non è così, perché giurally ha sempre amato la piccola Fiat e ritiene che un articolo non sia sufficiente per raccontare la sua storia. Per questo motivo ha deciso di dedicargliene due.

La genesi della Uno

In origine doveva nascere come Lancia, o più probabilmente, Autobianchi. Sul finire degli Anni Settanta la reginetta di Desio, la A112, era giunta alla sua quinta serie e nonostante rappresentasse ancora uno status symbol su quattro ruote, era ora di pensare a chi ne avrebbe raccolto l’eredità. Il cavaliere Rossignolo, allora responsabile Lancia, aveva affidato quest’arduo compito a Giugiaro, che aveva appena ultimato il disegno di quella che sarebbe diventata l’Auto dell’Anno 1980: la Delta. Il risultato finale era una due volumi compatta, dalle dimensioni un po’ più generose della A112, caratterizzata da forme nette e squadrate, in contrasto con le linee della sua precorritrice.

La modernità del progetto è evidente anche e soprattutto all’interno della vettura: soluzioni all’avanguardia come quella dei satelliti posti ai lati del tachimetro permettono, ad esempio, di raggiungere i principali comandi senza allontanare troppo le mani dal volante. Le ampie superfici vetrate garantiscono una visibilità ottimale e il tetto alto restituisce un’immagine più spaziosa del veicolo. Il tutto senza rinunciare, ma anzi sottolineando, quei tratti che erano valsi alla A112 il soprannome di “Mini Italiana”. La Lancia BCDE – questo il nome del prototipo – doveva infatti essere quello che sarebbe diventata, qualche anno dopo, la Y10: la citycar snob per eccellenza. Non stupiscono quindi le immagini di repertorio del modello, al cui interno spiccano sedili e rivestimenti in pelle.

Negli anni difficili del terrorismo italiano, anche il settore automobilistico entra in crisi. Il momento è delicato e al Lingotto si pensa all’erede di un’altra pietra miliare dell’automobilismo “di massa” italiano: la 127. Il nuovo modello è pronto, ma all’ultimo momento il responsabile del settore automobili, l’ingegner Ghidella, decide di cancellare tutto: il progetto su cui si è lavorato non è abbastanza innovativo per poter adempiere a un compito così importante; se in un primo momento può funzionare da “tappabuchi”, nel giro di qualche anno inevitabilmente risulterebbe obsoleto, qualcosa che la Fiat non può permettersi.

In quel periodo non si respira un clima particolarmente disteso fra i vertici del gruppo torinese: la divergenza di vedute fra Rossignolo e Romiti – che nel ‘76 era diventato amministratore delegato della Fiat, in un triumvirato con l’Avvocato e De Benedetti – porta a un vero punto di rottura sfociato con le dimissioni dello stesso Rossignolo.

I bozzetti della Lancia BCDE vengono quindi consegnati a Umberto Agnelli e girati Ghidella, che non ci pensa due volte. Il progetto originale dell’erede della 127 viene accantonato e venduto alla Zastava, che nel 1980 rivelerà al pubblico del Salone di Belgrado l’auto del futuro sovietico: la Yugo.

La Uno, invece, sarà della Fiat.

La presentazione della Uno

Cape Canaveral, 19 gennaio 1983, base missilistica Kennedy Space Center della NASA: la Uno viene svelata in pompa magna a tutto il Mondo. La presentazione ai concessionari avviene in modo non meno spettacolare, costruendo nel Palazzo dello Sport di Roma un’enorme maquette in legno di 15×17 metri che replica una Uno stile cavallo di Troia, dalla quale escono le vetture vere.

Il modello definitivo è un po’ più grande del prototipo BCDE e si discosta da questo per alcuni dettagli, soprattutto nel posteriore, con i gruppi ottici ridisegnati per ottenere un risultato più razionale e di facile realizzazione. Nel frontale, la mascherina Lancia viene sostituita dalla griglia di Mario Maioli con le cinque barrette diagonali, che diventano l’emblema del marchio Fiat negli anni successivi. Anche gli interni vengono rivisti, sostituendo i rivestimenti in pelle con tessuti più semplici. La più grande novità è rappresentata però dalla versione cinque porte, che affianca la classica a tre porte ed è disponibile già dal debutto ufficiale della vettura.

Tre le motorizzazioni inizialmente previste, tutte a benzina: il 903 cm³ da 45 cavalli di derivazione Fiat 127, il 1116 cm³ da 55 cavalli e il 1301 cm³ da 70 cavalli, ereditati entrambi dalla Ritmo. Si tratta di motori collaudati, affidabili e parsimoniosi che, unitamente agli studi condotti sulla carrozzeria e al cx di 0,33, permettono alla Uno di percorrere 100 kilometri con una media di 6 litri. La velocità massima varia fra i 140 e i 170 km/h a seconda della motorizzazione.

Tre sono pure gli allestimenti presenti al lancio: base, S (Super), più rifinito e accessoriato e ES (Energy Saving). Quest’ultimo, disponibile solo in configurazione a tre porte, è basato sulla 45 S ma prevede il propulsore 903 cm³ modificato con nuovi pistoni, carburatore e accensione che, unitamente alla quinta marcia di serie e ad alcuni accorgimenti esteriori – i deflettori messi in basso prima degli pneumatici posteriori e le coppe ruote dedicate – garantisce consumi ancora più contenuti. All’interno, la strumentazione viene arricchita da un econometro che indica il consumo istantaneo in litri ogni 100 kilometri, mentre una spia suggerisce il momento giusto per cambiare marcia.

I costi di realizzazione del progetto, durato circa cinque anni, sono i più alti mai stanziati dalla casa torinese per la realizzazione di una nuova automobile: mille miliardi di lire. Anche gli investimenti di marketing sono consistenti e le vendite vengono trainate da una campagna pubblicitaria realizzata su disegni di Forattini che utilizza parole inventate per mettere in risalto, in maniera giocosa, le qualità della vettura. I prezzi partono dalle 7.344,00 lire per la 45 tre porte e arrivano fino alle 8.910,00 lire per la 55 S a cinque porte e per la 70 S a tre porte, senza discostarsi di molto dalle versioni analoghe della 127.

Il successo della Uno è immediato e culmina con la vittoria del premio di Auto dell’Anno 1984. Per garantire una produzione annuale di almeno 450.000 unità, gli stabilimenti di Rivalta e Mirafiori vengono potenziati con l’adozione di nuovi robot per le fasi di assemblaggio e di verniciatura. Particolarmente ricca, infatti, è la cartella colori, che prevede un totale di 15 tinte, di cui 5 metallizzate.

L’evoluzione della Uno

Le prime novità arrivano già in estate, quando fa la sua comparsa una motorizzazione diesel: il 1301 cm³ da 45 cavalli, disponibile sia per Uno tre porte, denominata D, che per la cinque porte, ribattezzata DS. Verso la fine del 1983 viene presentata una variante della 70 S con cambio automatico CVT denominata Uno Matic. Il modello, che getterà le basi della futura Uno Selecta, sembra sia stato venduto in pochissime unità, anche se non ci sono notizie certe su una sua effettiva entrata in produzione. Si tratta di una delle versioni più rare della Uno, su cui aleggia tutt’oggi un alone di mistero.

A maggio 1984 appare la SX, che si pone ai vertici della gamma Uno. Basata sulla 70 S (che nel mercato italiano era disponibile solo a tre porte), con cui condivide il motore, è riconoscibile all’esterno per alcune caratteristiche che la rendono più sportiva: paraurti anteriore con fendinebbia integrati, codolini passaruota e minigonne in plastica nera, terminale di scarico cromato di forma ovale e pneumatici maggiorati Pirelli P8 165/65 (contro i 155/70 della 70 S). Particolarmente ricca la dotazione all’interno, dove troviamo sedili più imbottiti e poggiatesta “finestrati”, volante a quattro razze (contro le due di tutte le altre versioni), strumentazione con contagiri e orologio digitale, oltre che una plafoniera con faretto di lettura orientabile.

Il 1985 è un anno di grandi cambiamenti: il nuovo motore FIRE, dapprima adottato sulla neonata Autobianchi Y10, viene equipaggiato anche sulla Uno, rimpiazzando il 903 cm³ della 127. Nonostante mantenesse lo stesso numero di cavalli, il propulsore destinato a rivoluzionare la storia della Fiat garantisce prestazioni ancora migliori sia in termini di consumo, che di elasticità. Per questo motivo, la ES viene tolta dalla gamma. La 55 può ora contare su un carburatore doppio corpo che gli fa guadagnare tre cavalli, che vengono arrotondati a 60 nella nuova denominazione del modello.

Accanto agli allestimenti base e S, si aggiunge quello SL (Super Lusso), che include accessori come gli alzacristalli elettrici e la chiusura centralizzata. La 45 SL è disponibile solo a tre porte, mentre la 60 SL e la 70 SL – configurabili solo a cinque porte – possono vantare un optional esclusivo a richiesta: il Trip Master. Si tratta di un computer di bordo realizzato dalla Veglia Borletti che oltre a funzionare da check-control, è in grado di calcolare i valori di consumo e di viaggio della vettura. Oggi si tratta di un accessorio più unico che raro (si stima che le Uno prodotte con questo optional siano state meno di 300).

Con l’introduzione a listino della 70 SL, scompare la SX, che riappare a novembre 1986 con un nuovo quadro strumenti digitale dotato di check-control, alzacristalli elettrici di serie (optional sulla versione ‘84) e chiusura centralizzata (accessorio disponibile per la sola versione cinque porte della precedente SX). I sedili e i pannelli presentano un nuovo tessuto.

Il 1986 si apre col botto: viene lanciata una nuova versione a gasolio, questa volta sovralimentata: la Turbo D, equipaggiata con un 1367 cm³ dotato di turbocompressore Garrett T2 con intercooler, in grado di erogare 70 cavalli. Con una velocità massima di quasi 170 km/h, è una delle diesel più veloci nel suo segmento, oltre che la Uno con i consumi più bassi. Disponibile sia a tre che a cinque porte, esteticamente è molto simile alla SX, dalla quale si differenzia per le targhette identificative (una è presente pure sulla griglia anteriore), per le scritte dedicate applicate prima dei passaruota posteriori e per i copricerchi specifici. All’interno, i sedili sono della SL, mentre la strumentazione è quella della Turbo i.e. con le lancette bianche anziché rosse e una differente scala del contagiri.

Nella primavera dello stesso anno viene presentato anche l’allestimento Sting, che si pone come nuovo entry-level. Da fuori è riconoscibile per le caratteristiche strisce che corrono orizzontalmente lungo le fiancate, dalla mancanza dello specchietto destro e dalle coppe ruota della SL. All’interno si nota l’assenza della radio e del vano portaoggetti; il quadro strumenti è quello della S. Sotto al cofano ritroviamo il 903 cm³ aste e bilancieri delle prime versioni della Uno, assieme a un cambio a quattro marce.

Nel 1987 viene introdotta la 60 Selecta, dotata di cambio automatico a variazione continua ed equipaggiata con lo stesso motore della 60 S, con cui condivide anche l’allestimento. I mesi successivi portano delle piccole economie sui modelli: le S adottano ora gli stessi poggiatesta delle versioni base, mentre le SL li condividono con le SX. Sulle SL la mascherina anteriore viene verniciata in tinta con la carrozzeria e la motorizzazione 60 viene resa disponibile anche per l’allestimento base.

Nel 1988 viene importata, con il nome di CS (Comfort Super) la Uno sudamericana, riconoscibile esternamente per il cofano a coperchio al posto di quello tradizionale e disponibile unicamente con la motorizzazione 1.116 cm³ a benzina da 58 CV. Nello stesso anno fa la sua comparsa anche la versione Smart, realizzata sulla base della 60 S. Le modifiche esterne riguardano le coppe ruota, che sono quelle della SL, la mascherina e gli specchietti in tinta con la carrozzeria, che è disponibile in tre colori metallizzati: platino, grigio chiaro e azzurro. All’interno, i sedili sono quelli della Uno SX e SL.

Il 1989 è l’ultimo anno di produzione della Uno prima serie; le modifiche sono ridotte e le energie sono tutte concentrate sul nuovo modello, che sarà presentato nel giro di poco. La Smart viene resa disponibile anche nell’allestimento DS e la Sting viene proposta in versione cinque porte.

Il progetto originale dell’erede della 127 viene accantonato e venduto alla Zastava, che nel 1980 rivelerà al pubblico del Salone di Belgrado l’auto del futuro sovietico: la Yugo.
La Uno, invece, sarà della Fiat.

La Uno Turbo i.e.

A maggio del 1985, sull’onda delle “hot hatch”, la gamma Uno si arricchisce di una nuova versione sportiva, che ben presto entrerà nel cuore di adolescenti e neopatentati di tutta Italia (e non solo): la Turbo i.e., presentata sul circuito di Jacarepaguá, a Rio de Janeiro.

Esternamente, le differenze risaltano immediatamente all’occhio: il paraurti anteriore è stato modificato per inglobare i fendinebbia – forniti di serie – e presenta due feritoie aggiuntive per il raffreddamento dell’olio motore e dell’intercooler; il portellone posteriore in vetroresina incorpora uno spoiler al suo interno. Lungo le fiancate ritroviamo sia le minigonne che gli archetti passaruota ereditati dalla SX, che incorniciano alla perfezione i bellissimi cerchi in lega diamantati Cromodora da 13 pollici, sui quali spicca il coprimozzo rosso Abarth. Il terminale di scarico è cromato e ha una forma ovale.

All’interno trovano posto dei sedili sportivi in velluto nero, su cui spiccano, in rosso, le barrette Fiat, che vengono ripetute su tre file di colonne per sedile. Il volante a quattro razze è specifico del modello e presenta la scritta identificativa sul davanti. La moquette del pavimento è rossa mentre il cielo e alcuni inserti dei sedili e della plancia presentano un motivo a quadretti impresso nella plastica. Il quadro strumenti è dotato di indicatori aggiuntivi: quello della pressione e temperatura dell’olio, quello della pressione del turbo e naturalmente, il contagiri. Nell’abitacolo, lo specchietto interno è arricchito da un orologio digitale a cristalli liquidi rossi.

Oltre allo scenografico quadro digitale della Nippon-Seiki, fra gli optional è previsto, a un costo di 153.000 lire, un pannello di controllo elettronico che arricchisce la strumentazione e avvisa il conducente di eventuali guasti, segnalandoli sull’immagine disegnata di una Uno in miniatura. Il prezzo di listino della vettura è di circa 14 milioni e mezzo di lire e colloca la Turbo i.e. al vertice della gamma del modello Fiat.

Otto i colori disponibili: Rosso Racing 112, Bianco Corfù 224; Nero 601; Blu Metallizzato 452; Grigio Juniper 461; Grigio Quartz metallizzato 639; Ardesia metallizzato 681; Grigio metallizzato 683.

Ma è sotto al cofano che avviene la rivoluzione: il motore scelto per equipaggiare il modello è quello della Uno 70 S, su cui viene montato un turbo IHI dotato di intercooler e due centraline per l’iniezione e per l’accensione elettronica; la potenza sale a 105 cavalli. Le prestazioni sono esaltanti: 0-100 km/h in poco più di 8 secondi e 200 km/h di velocità massima. Molto buona anche la tenuta di strada, grazie alla barra stabilizzatrice all’avantreno, alle gomme maggiorate 175/60 e ai freni a disco su tutte e quattro le ruote.

Le doti della vettura sono evidenti, al punto che Fiat affida al reparto corse la realizzazione di una versione da rally. La Uno Turbo i.e. preparata per competere nel Gruppo A è un piccolo diavolo con le ruote: il motore viene portato a 1420 cm³ e 160 cavalli di potenza e viene accoppiato a un cambio a innesti frontali; il peso è di soli 885 kilogrammi. Il modello viene sviluppato alla Mandria, lo storico tracciato di prova della Fiat, in contemporanea con la Delta S4. Celebri sono gli scatti che ritraggono Henri Toivonen alla guida del cattivissimo prototipo nero, fra le stradine strette della fatale Corsica e gli apprezzamenti di Markku Alen. Negli anni, la Uno Gruppo A ottiene buoni risultati nella sua categoria, sotto la guida di  piloti come Fassina, Fiorio, Del Pozzo e Rayneri, che le hanno guidate con i colori Jolly Club Totip. Se non l’avete ancora visto, non potete perdere la fiction “Rally”, prodotta dalla Rai a fine Anni Ottanta, che annovera fra le vetture protagoniste proprio una Turbo i.e. (memorabile l’inseguimento con la Delta HF 4WD di Giuliano Gemma nella prima puntata).

Nell’86 c’è un piccolo ma significativo restyling: vengono applicate delle grafiche dedicate sulle fiancate e sul portellone e la mascherina viene verniciata nella stessa tinta della carrozzeria. All’interno, l’orologio a cristalli liquidi rossi viene sostituito da uno a luci verdi. Il pannello di controllo viene rimosso dalla lista degli optional.

Nel 1988 viene proposto un optional ulteriore: il famigerato Antiskid. Si tratta di un rudimentale sistema di antibloccaggio simile all’ABS che, a differenza di quest’ultimo, agisce solamente sulle ruote anteriori, limitando però l’efficienza del dispositivo. Le Turbo i.e. Antiskid hanno gli specchietti verniciati in tinta con la carrozzeria e sono dotate di cerchi in lega Speedline specifici, grigi canna di fucile all’interno e diamantati sul bordo. Anche il tessuto dei sedili cambia, così come il motivo della tramatura. Dalla Delta Integrale vengono ereditate le cinture di sicurezza rosse, mentre la Tipo fornisce il nuovo cambio a cinque rapporti, che sulle prime Turbo i.e. era di derivazione Ritmo 105 TC. Le decalcomanie subiscono delle lievi modifiche e quella sul portellone viene rimossa; i montanti delle porte vengono verniciati di nero opaco, così come la cornice intorno al lunotto.

Oggi la Turbo i.e. è una delle youngtimer più desiderate e come conseguenza, le quotazioni sono salite parecchio negli ultimi anni, seguendo il trend delle utilitarie tutto pepe di quel periodo. Se ne volete comprare una, sappiate che per un esemplare in ordine difficilmente i prezzi scendono sotto i 15.000,00 euro; trovarne una completamente originale poi non è impresa da poco e chi ce l’ha se la tiene stretta. Anche i ricambi sono venduti a peso d’oro.

Le serie speciali

La Uno non ha ricevuto consensi solamente in Europa, ma la sua fama ha varcato i confini del Vecchio Continente, sbarcando pure in Africa, India, Asia e soprattutto Sud America. In Brasile, il modello è rimasto in listino per quasi trent’anni e ha contribuito alla motorizzazione di massa del Paese, così come – molti anni prima – aveva fatto in Italia la 500.

Fra le 9 milioni e mezzo di unità prodotte, sono state realizzate una miriade di versioni più o meno ufficiali e per raccontarle tutte servirebbe un documentario più che un articolo. Per questo motivo, giurally si sofferma solo sulle principali serie speciali italiane.

La più particolare fra queste è sicuramente la Uno Folk della carrozzeria Moretti di Torino (che ha proposto anche una versione furgonetta della Uno). Si tratta di una versione cabrio, ottenuta sostituendo il tetto con una cappottina in tela ripiegabile sul portellone, opportunamente modificato. Inalterati, sono invece i montanti delle porte e le cornici dei vetri. In questa maniera è stato possibile preservare i cinque posti originali, mantenendo la vocazione utilitaria del modello. Disponibile su base Uno 45 S e Uno D, la Folk monta i copricerchi della ES ed è equipaggiata con i deflettori di serie per i finestrini anteriori.

Sempre la Moretti Torino ha presentato, nel 1986, la Uno Turbo MX, basata sulla Turbo i.e. e caratterizzata dalle strisce dedicate lungo le fiancate. All’interno erano previsti rivestimenti in Alcantara cucito a mano e un ampio utilizzo della radica.

Diversi sono stati poi i carrozzieri che si sono cimentati in elaborazioni più “soft” della Uno, su tutti la Coriasco di Pianezza, la Scioneri di Savignano, la Giannini di Roma e la Maggiora di Moncalieri (a cui si deve anche una versione Uno Van). Si tratta di aziende che fornivano personalizzazioni, piuttosto che interventi radicali sul modello base. Tali modifiche potevano essere effettuate sia sulla Uno standard che sulla Turbo i.e. e si concentravano perlopiù negli interni, che venivano arricchiti da rivestimenti più pregiati come la pelle, l’alcantara o tessuti dedicati, volanti sportivi oppure in legno e dalla presenza di accessori come gli alzacristalli elettrici. All’esterno i modelli erano riconoscibili per via di targhette identificative specifiche (celebre quella della SuperUno Giannini) e – in alcuni casi – per le coppe ruota in ferro diamantato che simulavano l’effetto dei cerchi in lega (laddove questi non erano presenti). A volte le vetture erano verniciate in colori esclusivi, generalmente metallizzati. A livello meccanico non veniva effettuato nessun cambiamento.

Vera e propria mosca bianca è la Uno Turbo Giannini, che ha il merito di essere stata la prima versione sovralimentata dell’utilitaria Fiat, apparsa al salone di Torino di novembre 1984. La vettura, decisamente più esasperata nell’estetica rispetto alla Turbo i.e., monta un bodykit completo di paraurti corsaioli e minigonne sportive con codolini integrati, spoiler posteriore e mascherina modificata con quattro fari integrati stile Renault 11. I cerchi in lega, squisitamente Anni Ottanta, sono specifici del modello. All’interno, l’immancabile volante sportivo a tre razze, qualche inserto in radica e una selleria specifica. Sotto al cofano, il motore resta il 903 cm³ della 45 base, che grazie al turbo IHI viene portato a 78 cavalli, per 175 km/h di velocità massima. Proposta in vendita a più di 12 milioni di lire, non ci sono notizie sull’effettiva messa in produzione del modello.

La storia finisce qui? Non proprio, continuate a seguire giurally per non perdere la seconda parte dell’articolo!

Si ringrazia Francesco Pezzulo, grande appassionato e proprietario di una bellissima Uno SX per aver arricchito l’articolo con alcuni dettagli da vero intenditore.

Di Alessandro Giurelli